Giocando con le metafore, dopo le ultime restrizioni,
mi sembra di essere stato scaraventato in un ultramaratona, più precisamente nella famosissima “Covid-19 Ultramarathon” l’ormai rinomatissima prova sulla lunga distanza nella quale, volenti o nolenti, siamo stati iscritti senza dover pagare e senza neanche dover specificare la squadra per la quale corriamo.
Siamo partiti già un po’ di tempo fa, di km ne abbiamo fatti tanti, seppur sin dall’inizio qualcosa che non collimava col nostro essere e/o che non ci risuonava giusto c’era.
Ma siamo partiti perché l’organizzazione dell’evento forniva delle assicurazioni ben precise su come si sarebbe svolta Ultra Covid19, siamo partiti perchè siamo dei semplici podisti o forse avventurieri e non sempre abbiamo l’esigenza del sapere tutto ciò ma solo, e scusate se è poco, la sicurezza di sapere che c’è qualcuno di cui ci possiamo fidare.
Siamo partiti perchè in fondo non potevamo far altro, o meglio potevamo anche farlo arrendendoci subito alla sconfitta cosa che, per come sono le cose, non ci
garantiva poi la sicurezza di partecipare alla prossima ultra in programma.
Qualcosa stonava, ma non ce ne rendevamo conto, un po’ come mi successe all’UltraBalaton ultramaratona di 236 km circa attorno al grande Lago di Balaton dove solo alla partenza mi resi conto che il mio Garmin da polso si era acceso in valigia e scaricato lungo il viaggio.
Mancava un importante appoggio, mancava la fotografia del mio ritmo di gara, un elemento fondamentale con la relativa esperienza che ancora avevo.
Qualcosa mancava, ancora non me ne rendevo conto precisamente ma qualcosa mancava.
Partii tranquillo con la sensazione strana della luce del cruscotto che si accende e si spegne a tratti e non riesci a capire se si tratta solo di un contatto o realmente qualcosa che non va nel motore.
E’ già più di un mese che affrontiamo quest’ultramaratona, il percorso si è rivelato pieno di tratti difficili , di ardue salite che hanno lasciato spazio, dopo averti portato allo sfinimento, ad altre salite ancora più ardue.
Ed è questo che succede in un ultramaratona in cui la salita è già di per se la fatica fisica che man mano cresce proprio come succede a un monte di panni fino a quando il ferro da stiro non entra in scena.
Si fatica, si entra dentro a se stessi e si scoprono le zone dove è riposta la nostra energia di riserva, quella che nasce, cresce e si rende fruibile solo se c’è una forte motivazione ed una grande passione.
Ed è proprio li che ci alimentiamo, che ci sentiamo vivi e felici,
è li che riusciamo a carpire, nella grande sofferenza, che la nostra autoefficacia ha un grandissimo potere e in quel preciso punto ci fa sentire invincibili e padroni del nostro essere.
Quindi corri.
Piano piano centellinando le energie continuando a porti dei micro traguardi e concedendoti attimi di recupero fisico e mentale nei ristori dove riesci ad ingerire qualcosa che ti garantisce le energie fisiche necessarie ad accompagnarti allo stint successivo.
Sono un ultramaratoneta da tanto tempo, forse ora un po’ meno , di esperienze ne ho fatte tante concluse positivamente ma anche negativamente, termine che non amo usare quindi dico positivamente a posteriori (mi hanno insegnato tanto) e da queste ho tratto tante importantissime conclusioni che si sono rivelate tesoro per la mia vita attuale però quello che è successo in queste ultime ore, mi riferisco all’ultimo decreto di Bonacini al quale si sono accodati i sindaci, mi riportano alla Spartathlon di qualche anno fa e alla Transhaarina in Algeria.
In entrambe ci furono degli accadimenti che misero a dura prova o abbatterono la mia resistenza.
Alla rinomatissima Spartathlon (navigando nelle ultime posizioni) il ristoro del circa 160° km non fu in grado di fornirmi NIENTE. Fu un colpo talmente duro sia fisicamente che mentalmente che mi accompagnò fino all’entrata di una crisi dalla quale non trovai più la porta d’uscita e che si concluse con la bandiera bianca al 176° km. .
In Algeria l’ultimo check point venne spostato di non so quanti km senza avvertire nessuno, questo in una gara in cui la metà delle segnalazioni, a causa del forte vento, era andata a puttane o si era girata facendo aumentare i chilometri sulle gambe a furia di errori di percorso.
La decisione mise a durissima prova la mia mente che faticò tantissimo a sostenere un fisico ormai ridotto ad uno straccio per accompagnarlo fino all’arrivo.
In entrambi i casi penso che da parte dell’organizzazione ci sia stata una grande scorrettezza nei confronti dei concorrenti (o magari una parte) e credo anche che lo stesso sia accaduto alla Covid19 ULtramarathon specialmente con la decisione di ieri.
Da persona che ha sempre rispettato le regole, delimitando sempre più il proprio campo di azione per essere ligio e non mettere a rischio l’incolumità degli altri , ritengo che quest’ultima sia proprio una privazione di libertà, un sopruso che non fa altro che mettere in luce l’incapacità delle autorità di controllare che le cose si svolgano regolarmente ed evidenzi che in fondo a molte persone NON FREGA PROPRIO UN CAZZO.
Io farò come in Algeria, non lo metto in dubbio, stringerò i denti , allenterò il cappio che stringe al collo e rispetterò quanto scritto nelle ultime disposizioni anche se ritengo che , nella realtà in cui vivo io, ciò che giornalmente veniva fatto dagli abitanti della zona non metteva a rischio l’incolumità di nessuno ed ergo rispettava tutti.
Cavare l’ultima aria disponibile a chi ha certe esigenze per mantenere il proprio equilibrio potrebbe rivelarsi un arma a doppio taglio che non garantisce di centrare il traguardo posto da chi si prende l’autorità di capire le cose.
Strozzare oltremodo penso possa creare problemi postumi all’ultramaratona …. bisogna tenerne conto.
Forse bisognerebbe pensare che, e lo dico a tutti gli esperti che “IN ITALIA NON ARRIVERA’ MAI” e “ABBIAMO LA MIGLIORE SANITA’ DEL MONDO” a quella che ora viene chiamata la fase 2 (LA CONVIVENZA COL VIRUS) era meglio arrivarci prima di far esplodere la situazione.
La grande delusione sta proprio in questo, nel non poter porre la fiducia in persone che dovrebbero essere gli ESPERTI DEL SETTORE (oltretutto si riempiono le tasche con fantastipendi);
sarebbe come non poter porre la fiducia negli organizzatori di un ultramaratona …..pensate che se potessi scegliere mi iscriverei ?
Indosserò la medaglia di Finisher ne sono certo e sono altrettanto certo che sarà per me e per tutti gli altri un grande premio che contraddistingue il proprio valore ma credetemi …..sarò lieto di non condividerla con gli organizzatori di questa non più auspicabile #Covid19 Ultramarathon
Andrea Pelo di Giorgio
Domani Arriva Sempre


